Lacrimae Rerum


 

 

COSA RIMPROVERARE A CUCCIA

 

Per oltre cinquanta anni Enrico Cuccia ha gestito la finanza italiana.  Si è detto che deve essere ascritto a suo merito il posto raggiunto dall’economia italiana nel dopoguerra.   Certamente egli ha svolto un ruolo di primissimo piano.

Per emettere un giudizio è tuttavia opportuno confrontare i risultati raggiunti dall’Italia con quelli conseguiti dalle altre due potenze: la Germania ed il Giappone, entrate in guerra contro gli alleati occidentali ed uscite egualmente sconfitte. Queste due nazioni non hanno avuto l’opera assidua di un’eminenza grigia, padrone supremo della loro economia. Eppure qualche risultato lo hanno raggiunto egualmente! E’ necessario risalire alla situazione mondiale immediatamente prima alla seconda guerra mondiale perché in quel periodo ha avuto inizio l’attività di Cuccia.

In quegli anni l’Italia aveva raggiunto un livello molto alto nella tecnica e nella scienza e, pur essendo per certi aspetti inferiore alla Germania, tuttavia certamente era superiore al Giappone in molti settori, da quello aeronautico a quello chimico.  Uscimmo dalla guerra con molto meno distruzioni della Germania e senza il trauma del bombardamento nucleare subito dal Giappone.

Cuccia, con l’appoggio degli Alleati, poté crearsi subito un impero finanziario grazie alla quasi illimitata disponibilità di capitali pubblici gestibili privatamente.  La banca d’affari, che gli venne concesso di creare: Mediobanca, è nata come strumento di finanziamento industriale con capitali forniti da banche di Stato (IRI).  Sin dall’inizio si è trattato di un grande meccanismo finanziario, che in pratica dipendeva da una sola persona: Enrico Cuccia.  Quando Romano Prodi, a capo dell’IRI e quindi azionista di Mediobanca, per ottenere finanziamenti anche per le aziende pubbliche decise di porre un limite all’eccessiva libertà d’azione di Cuccia, questi riuscì a far nominare presidente di Mediobanca Maccanico, che divenne suo alleato.

 Ma Cuccia come ha utilizzato l’enorme potere di cui disponeva?  Diciamo che ha traccheggiato elegantemente, districandosi tra le infedeltà dei suoi pupilli, cercando di conservare la stabilità di un mondo del quale sembrava non capire le radici.

Fedele tutore di equilibri tra forze contrapposte, tutte appartenenti al famoso salotto buono, ha dimenticato (o finto di dimenticare) il vero motore dello sviluppo dell’industria e quindi dell’economia moderna.  Ha spesso pensato di poter fare buona economia ignorando l’industria, la sua produzione e principalmente i meccanismi della concorrenza, che si dispiega sulla forza delle nuove tecniche.  Intanto il patrimonio di conoscenze e di spinta innovativa, ereditato dal periodo fascista e dai primi anni del dopoguerra, si andava esaurendo ed egli lasciò che quel patrimonio venisse saccheggiato dall’estero senza neppure accorgersi dei danni che ne sarebbero derivati.  Si potrebbe anche pensare che egli sia stato collocato in quel posto proprio per garantire uno sviluppo dell’industria italiana verso le basse tecnologie.  Egli avrebbe garantito le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale che l’Italia avrebbe distrutto l’industria aeronautica, l’industria elettronica, l’industria della chimica fine ed alla fine persino l’industria automobilistica. Se si esclude il governo guidato da Craxi, la totale e gioiosa sudditanza dei nostri governi alla volontà dell’ambasciatore americano ha ridotto l’Italia ad una situazione farsesca.  Noi possiamo solo lavorare sotto commessa estera, o in fabbriche di proprietà estera, senza alcuna autonomia progettuale e di espansione commerciale.  Tutti i settori redditizi ci sono stati interdetti anche da una sola telefonata.

Oggi la FIAT vende ai francesi il treno pendolino (e non è chiaro se ha già venduto se stessa agli americani), appena ieri la Pirelli ha venduto il settore ricerca delle fibre ottiche (4000 miliardi di Lire in azioni della SISCO, con la convinzione di aver fatto un buonissimo affare), qualche anno fa l’ENI ha dovuto cedere agli americani della General Electric la Nuovo Pignone, industria strategica che produce le trivelle per l’estrazione del greggio.  Non possiamo più costruire elicotteri ed aeroplani dopo aver nominato a dirigere le industrie italiane incapaci di chiara fama.

La distruzione dei grandi calcolatori dell’Olivetti si consumò subito dopo la morte di Adriano nella più totale indifferenza di Cuccia, che già non aveva dato alcun aiuto alla nostra industria aeronautica.  La distruzione della ricerca nel settore della chimica venne attuata in Montedison anche dal pupillo Schinberni.

Tra i tanti commenti all’opera di Cuccia Il Giornale del 25.6.2000 ha pubblicato un articolo di Nicola Colaianni nel quale si legge:

Perché mai Mediobanca è stata un fatto unico in Italia ed Enrico Cuccia un solitario gigante?  La risposta è semplice: il “gigante” Cuccia era in grado di gestire quasi tutti i fondi pubblici o parapubblici disponibili in Italia.  Un duplicato avrebbe fatto solo danno oltre che essere non gradito ai padroni esteri.  Colaianni così prosegue:

…dove può andare questo Paese, schiacciato tra il martello di un’economia globalizzata che richiede crescente competitività e l’incudine di un sistema di piccole e medie imprese che costituiscono il nerbo della sua economia, …, ma non possono dare più di quello che hanno.  Negli altri Paesi capitalistici avanzati la sfida della globalizzazione viene affrontata da un sistema di grandi imprese che producono innovazione tecnologica insieme con un sistema finanziario che ripartisce .. le risorse fornite dal risparmio. … In tutti questi Paesi in questo campo c’è la concorrenza; in Italia di questo tipo di istituti ce n’è uno solo: Mediobanca.

Falso!  Mediobanca si è prodigata in uomini e mezzi per distruggere l’innovazione tecnologica, della quale almeno Colaianni riconosce il ruolo fondamentale.  In Italia le famiglie che detengono il controllo di quelle che dovrebbero essere grandi imprese hanno fatto salotto, si sono prese per mezzo secolo i soldi di Cuccia, cioè delle banche di Stato (quindi di noi italiani) ed ora il Paese, il nostro Paese è diventata una vera colonia commerciale e industriale, a maggior gloria dei tanti gloriosi personaggi dell’estrema sinistra che hanno tuonato contro il capitalismo ed hanno applicato le loro idee suicide esercitandosi a distruggere le industrie più avanzate che avevano a portata di mano.  Ma Cuccia ha avuto il piccolo torto di vivere troppo a lungo.  Oltre a portare a termine egregiamente l’opera distruttiva che gli era stata commissionata, durante gli ultimi anni ha assistito come scomodo spettatore al momento in cui tutta l’economia italiana è passata di mano dagli italiani agli stranieri.  La sua stella personale era decisamente tramontata e persino il Dio crudele dei banchieri ha avuto pietà di lui chiamandolo là dove si gode della vista di immensi prati di banconote in fiore.

 

 

 

P.S. Queste riflessioni richiedono una piccola nota per chiarirne l’inserimento nel cosiddetto quadro politico italiano.  Si tratta di argomenti che dovrebbero essere propri di una destra sociale, leggermente nazionalista.  La tragedia è che in Italia la destra, nella corsa a farsi legittimare dai comunisti, ha rifiutato gli argomenti che dovrebbero appartenerle di diritto.  E’ assurdo ma è più probabile sentire questi argomenti da Bertinotti, che, nel difendere giustamente i posti di lavoro, finisce non volendo per esprimere qualche concetto patriottico.